C’è un paio di
scarpette rosse
numero
ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna
si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”;
c’è un paio di
scarpette rosse
in cima a un
mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald;
più in là c’è un
mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere
e castane
a Buchewald;
servivano a far
coperte per i soldati;
non si sprecava nulla,
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nella camere a gas;
c’è un paio di
scarpette rosse
di scarpette
rosse per la domenica
a Buchenwald;
erano di un bambino di tre anni
forse di tre anni e mezzo;
chi sa di che
colore erano gli occhi
bruciati nei forni,
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare:
si sa come piangono i bambini;
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare:
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità,
perché i piedini
dei bambini morti non crescono;
c’è un paio di
scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove,
perché i piedini
dei bambini morti
non consumano le suole.
Jojce Lussu
Adoro questa poesia! Tristissima immagine di un periodo storico altrettanto triste.