Marcia su Kabul


di Carlo Anibaldi – Agosto 2021

I commentatori più attenti fanno notare che i talebani non sono di un esercito invasore, ma sono afghani e dunque tanti editoriali di questi giorni sono sbagliati. La cultura, o incultura, talebana è profondamente radicata in Afghanistan e con la marcia su Kabul ha mostrato di essere maggioritaria., tant’è che senza l’opposizione di eserciti stranieri, sono arrivati a Kabul senza quasi sparare un colpo. Le punte progressiste ora piangono e si disperano per questo evento che promette di riportare indietro di un secolo quelle terre, avendo forse ben compreso che la democrazia di uno Stato laico un popolo la deve conquistare e non può essere paracadutata. Tutto questo per dire che, al netto delle balle che ci raccontano i media dei Paesi che in Afghanistan, con le buone o con le cattive, ci hanno fatto affari laggiù, spendendoci vite e soldi, oggettivamente non potevano portare democrazia e laicità in quella Nazione.

In qualche modo questa situazione ricorda il nostro Ottobre 1922, quando la Marcia su Roma portò al potere per vent’anni i nostri talebani, che indubbiamente erano italiani sostenuti dal popolo italiano. Le punte progressiste della nazione piansero a lungo quell’evento, particolarmente i socialisti, le donne emancipate, molti intellettuali e gli ebrei. L’intervento di eserciti stranieri spazzò via il fascismo, ma non i fascisti, che sono infatti ancora intorno a noi, forse perchè radicati nella cultura, o incultura, di un popolo.

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