COMPAGNO DI VIAGGIO – Racconto breve di Carlo Anibaldi


La nebbia a Venezia non è certo una rarità in questa stagione, ma non avevo mai visto nulla di simile. Sono oramai cinque giorni che si vive in un gomitolo di lana candida, sono spariti il giorno e la notte, il sole ed i colori, anche la gente allegra sembra sparita in quel gomitolo, ma soprattutto è sparita l’autostrada ed è per questo che mi trovo a passeggiare in Piazzale Roma in attesa del treno che mi porterà a Verona.

Il mio orologio, e null’altro per la verità, dice che è oramai giorno fatto, ma sul piazzale e nell’atrio della stazione si contano solo pochi viaggiatori infreddoliti.

L’atmosfera di questo giorno che è cominciato non mi piace per niente, c’è però di buono che non ho difficoltà a trovare una sistemazione in treno: lo scompartimento è addirittura vuoto come pensavo capitasse oramai solo sui trenini di provincia o in certi film quando serve alla scena.

Non è un viaggio lungo fino a Verona, ma dato che sono solo e di cattivo umore, provo a dormire un po’. E’ una questione di pochi minuti, credo, quando l’aprirsi della porta dello scompartimento mi fa sobbalzare: un uomo alto, ben vestito, suppergiù della mia età, posa una valigetta sul sedile e mi porge la mano nell’atto di sedersi di fronte a me.

Esordisce con un cenno del capo ed un sorriso cordiale.

– Salve, spero di non aver disturbato, ma io non amo viaggiare in solitudine e questo treno è davvero deserto. Mi chiamo Adriano e, se non è un problema, potremo conversare un po’ dandoci del tu, uso solo quello io….

– No…..Nessun problema… certo. Di cosa ti occupi? Viaggi per lavoro?

– Diciamo pure per lavoro, certo. Vado a Milano per la presentazione di un libro in una libreria del centro. Sei anche tu diretto a Milano?

– Verona, vado a Verona per un problema di forniture di materiali. La mia fabbrica è praticamente ferma, inutile telefonare, devo rendermi conto di persona di quello che succede. Tu vendi libri, se ho capito bene …..

– Sarà la libreria, spero, a vendere il libro, io l’ho scritto e ora vado a presentarlo al pubblico.

– Presentalo intanto a me, questo libro, così ti ripassi il discorso e poi mi ricorda la gioventù questa faccenda dei libri, perché io, sai, sono di quei pochi che i libri non li scrive …. e da parecchi anni nemmeno li legge. Chi mi da il tempo di leggere libri? Figurarsi scriverli, i libri ! E poi cosa ci potrei scrivere dentro un libro? Che il fisco mi strozza, gli operai mi mandano in bestia con le loro pretese, il Governo se ne infischia di noialtri e il fegato mi scoppia? E il tuo libro, invece, di che tratta?

– Io faccio parte di un gruppo di lavoro che esplora nuove possibilità per la soluzione di problemi antichi, abbiamo qualche idea che ci sembra buona e questo libro è un modo per aprire un dibattito e confrontare le opinioni.

– Scusa la franchezza, ma io sono un uomo pratico, abituato a lavorare sodo, lontano dalle chiacchiere fumose che fanno in televisione, in poche parole: io mi alzo presto la mattina e produco materiale elettronico per l’aeronautica, tu ti alzi la mattina e che cosa produci?

– Una risposta potrei azzardarla, ma temo che sul termine “produzione” dovremmo chiarire …..

– Ho capito, è già tutto chiaro, ora ti spiego con parole mie: io lavoro da una vita a schiena curva ed ho prodotto un sacco di cose; e sai perché l’ho fatto? Per far stare quelli come te, nulla di personale, per carità, quelli come te, dicevo, a schiena diritta, col naso per aria a pensare cosa scrivere in un libro per altri come te!

– C’è qualcosa di vero in quello che dici a proposito delle nostre schiene. Anche di questo scrivo nel libro ….

– Sarebbe a dire?

– Mi riferisco alla possibilità di vivere e lavorare tutti in modo diverso, senza curvarsi su se stessi, infatti ….

– Non c’è modo di lavorare sodo a schiena diritta! Sarebbe il Paese dei Balocchi. Ti illudi.

– E se fosse tutto da rivedere? Sai meglio di me che un motore per quanto sofisticato e potente , rende poco e consuma molto se il carburante ed il lubrificante sono sbagliati e ti assicuro che sono oramai suonati tutti i possibili campanelli d’allarme e, a meno di essere sordi ….

– Non v’è dubbio che nella tua testa ci sono campanelli che suonano all’impazzata, ma se tu provassi a spegnere un momento il carillon e ti guardassi intorno, ti accorgeresti che siamo immersi nel benessere creato dal lavoro duro: tutti ci spostiamo con facilità… automobili, treni, aerei; tutti abbiamo case ben riscaldate, con telefono, computer e carte di credito; la vita è più facile per tutti, caro mio, altro che campanelli! Tu non ti rendi conto di come si viveva solo quaranta o cinquanta anni addietro. Tutto questo lo dobbiamo al lavoro, quello onesto e … a schiena curva, naturalmente!

– Sono troppi anni che stai a schiena curva ed oramai vedi con chiarezza solo la punta delle tue scarpe! Io ho il massimo rispetto per il lavoro onesto, tuo e di tutti, quello che invece porto in discussione è la logica viziosa che schiaccia anche le buone cose, ma certo dovrai alzare un po’ la testa per rendertene conto.

– Spiegati meglio, Professore !

– L’elenco dei beni e servizi che hai fatto ci ha reso indubbiamente la vita più comoda, potrei azzardare che insieme alla comodità non è aumentata la serenità, il rispetto di sé e degli altri: il tuo fegato sul punto di scoppiare sta lì a dirti che negli ultimi trent’anni, in definitiva, non ci hai guadagnato poi molto; potrei anche tentare di farti notare che oltre le nebbie della Padana c’è un tre quarti di mondo che del telefonino e delle carte di credito non sa che farsene, a meno che non siano cose buone da mangiare….. potrei dirti queste e molte altre cose, ma non è tanto di questo che vorrei discutere con te, quanto piuttosto ……

– Un comunista, un Professore comunista, ecco con chi mi tocca viaggiare oggi! Del resto che potevo aspettarmi da una giornata cominciata così male, questa nebbia poi ….

– La nebbia, si, dici bene …. Se non fosse per questa nebbia a quest’ora staresti sfrecciando sull’autostrada con la tua Mercedes con telefono, gongolandoti con le tue quattro idee oramai inutili! T’è toccato invece confrontarti con altre idee ed eccoti pronto ad erigere barriere pseudo politiche; non cadrò in questa tua trappola della discussione “politica” , la tua è la politica che divide, io sono per una politica che unisce e che serva ….

– Ma di che trappola cianci, quali barriere! Ho affrontato ben altro nella mia vita che una discussione con un comunista! Che sarebbe poi questa storia delle mie quattro idee inutili ?

– Nulla di personale, non devi prendertela. Io so che sei in buona fede, onesto e leale, è solo che il mondo non andrà meglio esasperando, tirando oltre ogni ragionevole limite, le idee che erano buone negli anni trenta o prima : occorrono idee nuove, di quelle che fanno fare un giro di boa, oppure pensi, ad esempio, che dopo la carrozza con tiro a sei cavalli, il progresso sarebbe stato inventare il tiro a dodici ? No! Il progresso vero fu l’invenzione della macchina a vapore ! Egoismo, cinismo, sopraffazione, disprezzo per la vita, in tutto questo sono degenerate alcune buone idee dell’inizio di questo secolo che è da poco finito. Io credo che tutto ciò possa cambiare: serve un allargamento della coscienza….

– Belle parole ! Ma tu lo sai che oggi, alla fine di ogni discorso realista c’è il danaro e ti assicuro che senza danaro non si muove nulla . Il danaro non è servo , ma padrone con molti servitori e , che ci piaccia o no , uno di questi è la logica del profitto; tanto più questa logica è serrata, tanto più danaro per far girare il mondo c’è !

– Purtroppo quello che hai detto è oggi in parte vero ed è grazie a riflessioni di questo tipo che sono giunto alla conclusione che siamo all’interno di un circolo vizioso che non porta più da nessuna parte, in quanto lo sai bene anche tu che è ben altro che fa girare il mondo ……

– E’ un discorso da Oratorio Salesiano questo. Abolire la logica del profitto significa niente più danaro che circola, le fabbriche si fermano, le luci si spengono e ci incontriamo tutti intorno al fuoco a leggere il tuo libro !

– Quello che dici sembra vero esattamente come sembrava vero il discorso del proprietario terriero della Virginia di più di un secolo fa:”Dare ai negri un salario , abolire la servitù ! Tutte idiozie ! Sarebbe la rovina per tutti, negri compresi.” Anche il lavoro dei bambini nelle miniere inglesi della fine del secolo scorso appariva un caposaldo dell’economia mineraria di quel tempo. I sostenitori di queste tesi erano senz’altro brave persone come te, ma le loro idee stavano oramai invecchiando con loro e invece i tempi nuovi si stavano affacciando con la forza di una diversa e più ampia coscienza: inutile opporsi, inutile sottrarsi, la scelta possibile era ed è solo una e sempre la stessa: partecipare al processo evolutivo o rimanerne tagliati fuori.

– Insomma, se ho capito bene, i tuoi campanelli ti dicono che siamo a ridosso di una svolta epocale ed io starei qui a far da zavorra dell’umanità.

– Se fosse così , sarebbe in fondo semplice e non varrebbe la pena parlarne. Il problema è che senza di te non ci sarà nessuna svolta, ma solo la deriva, verso chissà cosa….

– Non pensavo di essere così importante. Dunque è per quelli come me che hai scritto il tuo libro !

– Presto o tardi arriverà fino a te, tuo malgrado e per strade che nemmeno immagini.

– Il Professore è anche Profeta !

– Ma non capisci che ora non si tratta di colonialismo, schiavitù o lavoro minorile? Ora si tratta di liberare noi stessi: liberi da…. piuttosto che liberi di …. e in ciò ci aiuterà solo la nostra personale presa di coscienza.

– No, fermati, fammi capire … Come puoi sostenere che io non sia padrone di me stesso, e quand’anche fosse, come può la mia liberazione interessare le svolte dell’umanità ?

– Tu devi essere di quelli che credono sia stato Cesare, Carlo Magno, Napoleone, Hitler e pochi altri a determinare le svolte epocali, come le chiami tu, che dalla preistoria ci hanno portato fino ad oggi. Questi personaggi hanno avuto la straordinaria opportunità di determinare gli eventi di interi popoli ed hanno per questo scritto la Storia degli eventi, ma la storia dell’evoluzione della Coscienza la scrive gente come te e me …. e se ci sarà o meno ancora un Hitler a scrivere un altro pezzo di Storia dipende anche da te. Capisci ora per chi l’ho scritto il mio libro ?

– E va bene, smettiamo di aggiungere cavalli al tiro della carrozza e inventiamo la macchina a vapore ! Hai qualche idea ?

– Le idee nuove non si fanno strada finché siamo attaccati a quelle vecchie, è una questione affettiva, irrazionale, che prescinde dalla bontà delle une o delle altre . Per prima cosa è quindi importante entrare in una fase di stanchezza rispetto ai propri ritmi; poi è necessario riconoscere come ingannevole la sicurezza che ci dà il percorrere strade conosciute, solo a questo punto, che potremmo chiamare ” ritorno al punto zero ” , siamo pronti a dare uno sguardo di là dal muro ed accorgerci che c’è tutto un mondo che aspetta i nostri primi passi, un mondo dove gli alberi nascono, crescono, danno fiori e frutti e poi accettano di rinsecchire e tornare alla terra, perché questo è l’ordine delle cose: non c’è tristezza, depressione, angoscia e paura se comprendi di cosa sei fatto e non pretendi di fiorire per l’eternità!

– Forse mi sbaglio , ma cose di questo genere non le ha già dette meglio di te qualcun altro ? San Francesco, tanto per fare un esempio fra i tanti ?

– Infatti la novità non è in quello che dico, ma nel fatto che sono io che ne parlo con te; io che certo non sono San Francesco ne parlo a te che non sembri per niente beneficiare della vocazione francescana. Capisci la straordinaria novità ? Gente comune come noi sente pulsioni spirituali ed evolutive delle nostre condizioni! Il Terzo Millennio ci mette a portata di mano quella coscienza di noi stessi, di tutto quanto siamo, che solo pochi secoli fa era esclusivo privilegio di santi, santoni, alchimisti e profeti.

– Intuisco che le cose che dici non sono del tutto scemenze, ma resta pur sempre il fatto che la vita di noi tutti è fatta per lo più dalla maledetta quotidianità, quella secondo cui ti devi alzare presto per andare a lavorare o a cercare lavoro, quella che se non sei furbo ti mangiano in un boccone, quella che se ti viene l’ulcera, e ti viene, devi andare dal dottore, quella che se non stai attento non arrivi al ventisette, quella ……

– quella che ti uccide ! E’ evidente che questa quotidianità dopo averti impoverito lo spirito ti annienterà letteralmente e il peggio è che avrai pure tanti rimpianti per tutto quanto hai tralasciato: vivere la totalità del tuo essere.

– Quello che dici ha il sapore agrodolce dell’utopia e per questa ragione nasconde un pericolo: il cinismo non è forse figlio del naufragio di facili illusioni?

– Le facili illusioni le incontri se percorri strade spianate da altri, ma se hai faticato e pagato di tua tasca per aprirti un varco che ti ha condotto più avanti, se hai un po’ sofferto per allargare la tua coscienza, ebbene a quel punto il nuovo orizzonte che ti si para davanti sarà tuo e parte di te più delle tue mani o dei tuoi occhi, altro che illusioni … indietro non si torna più.

Il rumore secco della porta scorrevole mi fa trasalire.

– Biglietto, signore. Biglietto per favore.

– Dove siamo ….. Devo essermi addormentato intanto che conversavo. Dov’ è andato Adriano ? Ha visto un signore alto, distinto, uscire dallo scompartimento? Magari è sceso a una stazione….

– Tra dieci minuti saremo a Verona e posso assicurarle che ha viaggiato solo: ero seduto qui fuori e non ho visto nessuno entrare o uscire. Ha dormito e ….. forse ha sognato. Arrivederci.

(Carlo Anibaldi)

LA LORO ORA PIU’ BELLA


Qualche anno fa, sfogliando un vecchio album di fotografie ingiallite che si trova da sempre a casa dei miei genitori, mi soffermai sulle espressioni dei volti delle persone cui era stato colto quell’attimo delle loro vite.
Alcuni  erano volti  conosciuti, altri no, e per la maggior parte, credo, erano raffigurate  persone  oramai non più tra noi vivi.
Guardare quei filmati dell’inizio del secolo scorso o delle vecchie fotografie  mi ha sempre affascinato, e una delle ragioni di questo interesse l’ho compresa quel giorno, davanti a quell’album.
Nel guardare quei visi cercavo di carpirne il loro grande segreto: sapevano che la loro ora più bella era oramai alle loro spalle o pensavano di doverla ancora vivere?
Ero insomma quasi ossessionato da questo impalpabile sbarramento che divideva drammaticamente in due la vita di tutti : ed eccomi, di volta in volta, cogliere negli occhi della gente quel sottile velo di rassegnazione che l’accompagnerà per il resto della vita.
Vite oramai segnate dall’aver riconosciuto, in un fugace attimo di un brutto giorno, l’ora più bella passare ed allontanarsi alle loro spalle.
Altre volte vedevo chiaramente espressa nei volti la baldanza della gioventù e negli occhi la certezza di andare incontro all’ora più bella : perché tanta fretta, mi dicevo con leopardiana preoccupazione.
Questo modo di vedere non mi dava pace perché la migliore delle ipotesi, in questo teorema, era costituita da una specie di stoltezza che impedisse  di riconoscere, nell’arco della propria vita, che ora fosse.
Un bel giorno, finalmente, fui preso a  braccetto, da una persona molto, molto anziana, che vive dentro di me da molto, molto prima di me, un vecchio saggio, direi, che talvolta mi viene a trovare e, purtroppo, spesso si allontana.
Con fare molto semplice, allorchè gli spiegai il mio problema, mi disse : “ L’ora più bella è adesso, mai come adesso ! ”
E’ proprio vero che talvolta la soluzione di un problema è talmente a portata di mano da non poterci credere, e allora si cerca lontano, lontano, lontano, fino a perder la strada del ritorno ….a se stessi, alle proprie immense possibilità di gestire un qui ed ora che è grande una vita intera e anche di più !
Da allora sono più rilassato quando guardo le vecchie fotografie, che pur continuano ad affascinarmi….
Per aiutarmi, nella vita di tutti i giorni, a  rafforzare questa importante presa di coscienza , mi aiuta un aforisma Zen che narra di un discepolo che si presenta al Maestro con il seguente grande problema : “ Maestro, da molti anni seguo i Tuoi insegnamenti, ho cercato in ogni modo di mettere i miei passi sui Tuoi passi, della Tua saggezza ho fatto la mia religione… ma ora sono confuso, indicami la Via che ho di fronte, guida i miei passi nel mondo ……”.
Il Maestro guardò le mani del discepolo che stringevano una ciotola e disse :
Hai finito il tuo riso. Dunque lava la tua ciotola.”
Questo semplice racconto contiene un potente richiamo a ciò che possiamo, credo, definire la summa di tutte le filosofie e dottrine : la vita di noi tutti e fatta del qui ed ora, lo sanno bene i bambini e molte persone anziane, ma nel corso dell’esistenza siamo per lo più proiettati in avanti dalle aspettative o ricacciati indietro dalle difficoltà di affermazione dell’Io, e, per lo più,  ci capita di assaporare fugacemente il gusto della vita intanto che  siamo indaffarati a fare qualcos’altro.
Non dovremmo insomma lasciare che gli affanni della prima parte della vita (affermazione dell’Io, conquista della posizione sociale, instabilità affettiva, coazioni infantili) ci prendano la vita intera, svuotandola di significati, che certo sono tutti nel qui ed ora, non nei progetti o nei rimpianti, che sono giochi della mente.

(Carlo Anibaldi)

ERNESTO E I CLOCHARDS


Non importa se questo racconto somiglia ad un vostro sogno oppure se questo sogno somiglia ad un racconto che avete già sentito, in quanto, come spesso accade, sono vere entrambe queste possibilità. Ernesto era da tutti considerato una persona mite e tranquilla, eppure quella volta che gli rubarono il portafogli mentre passeggiava tra la gente che affollava il Lungotevere, ebbe una reazione da leone infuriato: nel portafogli custodiva molto più del danaro e delle carte di credito, c’erano infatti anche bigliettini, appunti, numeri di telefono, segni tangibili del suo passaggio quotidiano nella vita, e soprattutto il suo documento di identità.

Questo furto lo sconvolse al punto di attivare un’insospettata energia nella ricerca del furfante che gli aveva sottratto il danaro, la tranquilla quotidianità, l’identità.

Insomma, a forza di cercare, interrogare persone, stanarne altre, alla fine si trovò faccia a faccia con una piccola comunità di barboni che viveva sotto il vicino ponte sul Tevere.

Senza nemmeno doverci riflettere, Ernesto si avventò decisamente su uno di essi…. uno di mezza età, la barba incolta, i vestiti trasandati ; lo afferrò per il bavero della lurida giacca e, facendolo battere ripetutamente contro il pilone del ponte, gli urlò, a due centimetri dal suo naso rossiccio, di restituirgli le sue cose, tutte.

A farla breve, Ernesto riuscì a spaventare a morte quell’individuo, tanto che cominciarono ad uscir fuori dalle sue tasche, una ad una, le carte di credito, i bigliettini, gli appunti ed infine il documento di identità.

Ernesto quasi si gettò su quest’ultimo, ma rimase di sasso nel vedere che la sua foto su quel documento si era talmente rovinata nelle tasche sozze del barbone, da non potersi più distinguere i lineamenti del volto.

Messo nella tasca dei pantaloni il suo recuperato portafogli, Ernesto si diresse tutto assorto verso casa con l’idea fissa che quello spiacevole episodio non gli era capitato per puro caso, forse un segno…. chissà. Infatti, passo dopo passo, una di quelle voci di dentro si alzò per dirgli: ” Vedi bene, Ernesto…., c’è nella tua vita un clochard, che somiglia a quelli là fuori, ma è anche dentro di te oramai, tutt’altro che romantico, ma avido e senza scrupoli, che ruba tutto quello che può..…. perfino la tua identità. Se continui a lasciarglielo fare rimarrai senza nessuna possibilità di essere autentico, poiché non saprai più chi sei, proprio come loro. Bene hai fatto, dunque, a ribellarti con forza…..appena in tempo…… la tua immagine già stava sbiadendo su quel documento….”

 

(Carlo Anibaldi)

 

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