Le particelle subatomiche non rispondono a criteri fisici di ‘tempo’ … e di passato, presente e futuro non ce n’è traccia nemmeno nell’universo e, per quanto ci è dato sapere, nei ‘buchi neri’. Il tempo non è dispiegato sui punti di una retta, come l’individuazione di un passato e un futuro vorrebbe, ma piuttosto il tempo è curvo e incontra se stesso continuamente…insomma non esiste, per dirla con Einstein, che non credeva all’esistenza del tempo. Per lui tutto esisteva nello stesso istante: il passato, il presente, il futuro….che sono solo convenzioni stabilite dal modo di ‘funzionare’ della mente umana per poter organizzare le esperienze. E dimostrò matematicamente questa intuizione, del resto oggi confermata anche fisicamente. Possiamo allora affermare come cosa vera che tutte le persone che abbiamo conosciuto, che conosciamo e conosceremo, insieme a tutto ciò che diventeremo, sono con noi in ogni momento. Questo modo di ragionare, e alla fine dimostrare, è il metodo scientifico ‘occidentale’. Ci sono posti al mondo dove tutto ciò è risaputo e mai messo in dubbio da millenni. (Carlo Anibaldi)
Da Einstein, a Jung, allo Zen, una sola voce: il tempo non esiste. (di Carlo Anibaldi)
Recensione a LA DONNA FERITA di Linda Schierse Leonard – di Carlo Anibaldi
Questo libro esplora i rapporti psicologici e spirituali di quelle donne che abbiano avuto difficoltà nel rapportarsi al padre, fino a ferirsi, dove per ‘padre’ dobbiamo qui intendere il padre biologico, quello spirituale, quello patriarcale, quello culturale, quasi mai riuniti in una unica figura maschile. L’autrice porta testimonianze di situazioni reali raccontate dalle sue pazienti, ma il punto di vista fa riferimento a figure archetipiche, vale a dire contenitori atti ad ospitare figure simboliche antiche quanto l’umanità, con annesso potenziale energetico psichico che tende alla realizzazione del simbolo introiettato, generalmente in maniera incosciente. Da questo punto di vista è allora facile scorgere nei comportamenti il tentativo inconscio di realizzare un archetipo. Abbiamo allora da considerare il “Vecchio perverso”, figura archetipica spesso attiva in donne che non avevano un padre con cui mettersi in rapporto e che iniziano a cercalo in ogni uomo che hanno di fronte. All’inizio ripugna l’idea di avere rapporti sessuali col padre trovato, ma ben presto si rendono conto che non incontreranno uomini disposti a ricoprire quella figura senza una ‘contropartita’ ed allora accade che l’ingenuità sessuale si trasformi in promiscuità sessuale. Spesso questi rapporti sono soddisfacenti ma mai conclusivi e la ricerca continua fino alla perdita della residua autostima, tanto più che queste figure paterne sono il più delle volte già padri di famiglia e dunque poco disponibili a ricoprire quel ruolo. Questi comportamenti, neanche tanto alla lunga, mostrano il vulnus, vale a dire la ripetizione dell’insoddisfazione del rapporto col padre. Come peso schiacciante infine, accade a queste donne che l’eros femminile, continuamente tradito per non essere al centro della ricerca, incentrata su altro, determina il posizionamento al centro del tradimento stesso, che si perpetua a carico degli uomini con cui si rapportano, stante che il ‘Vecchio perverso’ attivo in queste donne le porta all’esposizione del corpo, alla perdita della sacralità dell’eros e attraverso la disistima crescente le porta a chiudere il cerchio, vale a dire che ritorna al punto iniziale dell’esclusione del sesso dal rapporto col padre. Si tratta generalmente di quarantenni ‘ragazzine’ insicure e le troviamo spesso negli studi dei terapeuti per la chiusura del cerchio suddetto, che non lascia speranze alla crescita individuale senza un aiuto alla disperazione.
Nel libro sono descritti vari archetipi contenenti tanta energia, capace di mal orientare l’intera vita di una donna, almeno finché ignoti alla coscienza. Citerò di seguito solamente quello relativo alla donna “Puella”. La donna Puella è quella che nasconde l’ira, quella che ha un centro infuocato da ferite profonde, ma la loro rabbia è diretta all’interno, sotto forma di sintomi fisici, depressione e tentativi di suicidio. Questa ira profonda fa loro paura, poichè è quella che ricordano del padre, che esplodeva in eccessi folli. Sono anche donne ben organizzate, forti, capaci di carriere di successo poichè ricche dell’energia del centro infuocato. Teniamo conto che la rabbia non ha forma, colore ed obbiettivi, la rabbia si ‘scaglia’, è esplosiva, e dunque queste donne possono schiacciare le altre persone. L’energia non incanalata crea paura in queste donne e tendono allora al controllo per non incorrere nella follia dello scoppio d’ira, col risultato che spesso accade di trovarsi di fronte donne miti, dolci, ma con un punto debole assai. Il padre travolto dall’ira infatti tradì l’archetipo del Buon Padre, distruggendo stabilità, ordine, fiducia. Il rapporto con l’uomo è quindi spesso fonte di paura anziché fascino. La donna Puella tende spesso a nascondere la propria ira profonda per il timore che sia come quella percepita come patologica del padre….e per evitare il confronto, la maschera. L’ira è mascherata per lo più dai ‘vizi’. Queste donne sono talvolta alcolizzate o bulimiche o ipocondriache. Tutti segni di energia bloccata, autodestruente. Purtroppo insieme all’ira, viene nascosta anche la tenerezza e le lacrime e allora l’intimità con un uomo è vissuta in modo incompleto, spesso caratterizzato da apertura sessuale nei confronti di un partner oggetto e bersaglio però anche dell’ira. Di qui rapporti conflittuali caratterizzati dal rifiuto da parte dell’uomo di avere attrazione verso una donna che ne faccia oggetto d’ira di giorno e di desiderio sessuale la notte. Incanalare la rabbia è l’inizio della soluzione, quando non è troppo tardi per il rapporto in essere, oramai evacuato dalla fiducia reciproca.
Oltre ad altri esempi di archetipi attivi nell’universo della conflittualità originaria irrisolta col padre, il libro accenna anche al problema del senso di colpa…che vorrebbe la donna più incline dell’uomo a questo vulnus e alla fine meno creativa dell’uomo poichè schiacciata nel ruolo di eterna fanciulla (Puer Aeternus) sottomessa passivamente al padre creativo e forte. Un uomo che si chiudesse tre mesi nello studio a scrivere un romanzo, non si sentirà mai oppresso dal senso di colpa per il trascurare la casa e la famiglia. Meno facile questo per la donna, schiacciata da secoli in ruoli solidi come roccia.
(Carlo Anibaldi, 2013)
IL COMUNE SENSO DELLO SCHIFO E DELLA PIETA’ (di Carlo Anibaldi)
Siamo in molti ad avere il culo più presentabile della faccia, ma esiste una normativa severa che si richiama ad un COMUNE SENSO DEL PUDORE, secondo cui la faccia la possiamo pubblicamente esporre ma il culo no. Ma se è vero che esiste questo ‘senso comune’, in verità molto mobile e difficilmente calibrabile sulle coordinate del cervello della gente tanto da definirne un qualsiasi ‘comune senso’, mi chiedo perchè il legislatore non abbia preso in considerazione altri ‘comuni sensi’. Il COMUNE SENSO DELLA PIETA’ ad esempio. Possiamo esporre pubblicamente foto di uomini ed animali seviziati e martoriati, ma non possiamo esporre il nostro o vostro bel culo sodo. Possiamo perfino postare su Facebook la foto della mamma or ora morta, ancora calda sul letto d’ospedale, ma non possiamo mostrare il nostro mirabile culo. E che dire del COMUNE SENSO DEL RIDICOLO? Offeso quotidianamente da tutti i media con l’esibizione istrionica di pregiudicati, inquisiti, magnaccia, puttane e ladri? L’offesa diventa poi insopportabile quando è rivolta contro il COMUNE SENSO DELLA VERGOGNA. Si ammette senza batter ciglio che la delicata pelle di una giovane donna debba essere messa al riparo da inestetismi quali allergie e rossori, anche a costo di seviziare e martoriare creature che non hanno meno diritti di noi su questo pianeta. Viene ammessa la sperimentazione su animali, perfino quelli domestici, anche per malattie non mortali o epidemiche, ed è cosa che per il legislatore non susciterebbe OFFESA AL COMUNE SENSO DI QUALCOSA, come per l’esibizione di grufolanti animali in doppiopetto, ma non al pari del mio culo, che invece pare offenda parecchio. Alla fine di questa chiacchierata i vorrei appellarmi ad un COMUNE SENSO DELLO SCHIFO, quotidianamente offeso per il confondere il comune senso dei sentimenti con il minimo comune multiplo dell’intelligenza, vale a dire lo slivellamento della società ai suoi valori più bassi, una rincorsa verso gli ultimi anzichè verso livelli evolutivi. (Carlo Anibaldi)