CULTURA E INFORMAZIONE AL TEMPO DI INTERNET


 Tornando indietro anche solo fino agli anni ’50 vediamo alti tassi di analfabetismo e scolarizzazione mediamente bassa. Economia prevalentemente agricola. La diffusione capillare di televisione, telefono ed automobile erano ancora di là da venire. In una società così configurata (e più ancora nei decenni precedenti) il bene impagabile, il riferimento per chiunque, in Italia e altrove, era la Cultura. Gli ambienti privilegiati e le persone di grande riferimento all’interno della società avevano solide basi culturali. Dunque, non il primato del danaro o del potere politico o del lavoro, ma il primato della Cultura. Il ricorrente tentativo dei poteri forti di amalgama con questo elemento ed il fenomeno del mecenatismo stanno qui a sottolineare questo concetto. Qualsiasi macellaio arricchito cerca di mettersi in casa opere d’arte che non comprende, allo scopo di ‘allargare’ la sua mediocre personalità con la Cultura. Tutto ciò è stato vero per centinaia di anni, con diversi accenti, sfumature e tentate rivoluzioni.

Quello che voglio evidenziare è il lento, ma costante declino di questo primato, da qualche decennio a questa parte. Che cosa ha potuto scardinare una base societaria tanto solida? La risposta, oramai evidente, è nella novità di un’enorme massa di informazioni oggi a disposizione e la capillarità della loro penetrazione, fenomeno inimmaginabile fino all’avvento delle tecnologie e dei metodi informatici.

I tradizionali santuari della Cultura hanno visto i loro tesori trasformarsi in dati asciutti, sintetici, circostanziati, verificabili in tempo reale e soprattutto largamente disponibili. Presto ci si è dovuti render conto che l’informazione puntuale costituisce potere, in ogni campo, in un mondo dinamico, profondamente cambiato, come quello di oggi. Per dirla in altro modo: è la larga disponibilità dei dati, più che la loro quantità, che ha determinato la perdita di potere della cultura tradizionale che, per definizione, è elitaria. Tanto è vero che la politica, il potere e l’economia da sempre lusingano e “arruolano” esponenti del mondo culturale ed accademico.

In ogni campo i professionisti di oggi, qualche volta loro malgrado, devono quotidianamente confrontarsi con questa nuova realtà che vede il primato della Cultura cedere sotto il peso di un invadente ma salutare primato dell’Informazione. Quale Direttore di Scuola caldeggerebbe oggi metodiche che si discostino dai dati delle evidenze internazionali? Quale Casa Farmaceutica o Industria Alimentare proporrebbe prodotti e procedure non ampiamente validate a livello internazionale? Ogni consumatore oggi può avere in pochi minuti sul proprio computer il meglio delle evidenze mondiali su ogni anfratto del conoscibile.

E che dire dell’informazione erogata dai Media nazionali e locali? Gli interessi di Partito, di cordata, economici e di Fede, continuano a cercare di “Fare Opinione”, lo hanno sempre fatto perchè è la strada maestra per esercitare e amministrare il Potere, ma oggi è più difficile “Fare Opinione” perchèla Grande Rete Internet è costituzionalmente restia a farsi imbrigliare su “polpette” preconfezionate nelle sedi di Partito o nelle Curie. La sua capillarità non lo consente: nemmeno ai più astuti e ricchi Opinion Maker.

E’ una rivoluzione che coinvolge tutti. Ultimo, ma non ultimo, il Terzo Mondo. Hanno potuto di più i semplici SMS da cellulare che decenni di politiche di aiuti umanitari. Con un solo SMS è possibile informare della disponibilità di pesce pescato il mercato con maggiore domanda e vendere la partita in tempo utile. Con un solo SMS si informa di tonnellate di mais disponibili a trovare un compratore fuori dal proprio comprensorio.

Il vero aiuto al Terzo Mondo è l’abbattimento del Digital Divide. Non a caso, le maggiori organizzazioni mondiali (OMS, ONU, FAO, UNESCO, ecc…) si stanno muovendo in questo senso. Contro questo dato di fatto si infrangono pregiudizi, opinioni e poteri consolidati. I primati crollano e se ne ergono di nuovi. Inutile opporsi. Inutile resistere a quanto attiene a quel tipo di cambiamenti non contrastabili, ma solo assecondabili. Allo “zoccolo duro” dei tradizionalisti, idiosincratici verso le tecnologie avanzate, potremmo sottoporre, per trasposizione, questa riflessione: cosa costituì vero progresso nei trasporti? Continuare ad aggiungere cavalli al tiro della carrozza oppure l’invenzione della macchina a vapore?

Carlo Anibaldi

LA LOBBY DEL DISSENSO [di Carlo Anibaldi]


Per quanto ‘impopolare’ questo argomento va guardato per quello che è oltre l’apparenza. Del resto l’impopolarità non è forse un traguardo cui ambire, in questi tempi che fanno ‘santi’ anche i gaglioffi?
In questi ultimi mesi qualcosa si sta sgretolando nei piani alti dell’industria del dissenso, ma questo lo vedremo poi, intanto consideriamo che per anni ci sono stati personaggi pubblici che sono arrivati al grande pubblico attraverso reti televisive nazionali, le ammiraglie dell’informazione e della formazione del consenso al ‘sistema’. All’interno del sistema radiotelevisivo, ma non solo, anche in quello giornalistico e parlamentare, si sono distinte persone che non nomino per timore di tralasciarne qualcuna che poi si offende, e che tutti invariabilmente hanno attaccato, con arguzia, comicità spassosa, satira, analitica perseveranza, genio artistico o giornalistico e tenacia, il “sistema”. Quello che tutti insieme hanno determinato è il formarsi di una pubblica opinione, una massa dunque, che si riconosce nella critica al sistema. Facendo parte di quella massa, si sentono dalla parte ‘giusta’ e dunque sono compresi nel ruolo di oppositori al ‘sistema’. Questa massa di ammiratori dei paladini del dissenso si sentono ‘opposizione’ anche solo a guardare trasmissioni, leggere giornali, ridere nei teatri tenda e nei cabaret che in una parola possiamo definire l’intellighentia degli opponenti versus i cialtroni che di volta in volta ci governano. Qua, a mio avviso e, grazie al cielo, non solo a mio avviso, sta il trucco. Mi riferisco al fatto enorme, cionostante invisibile ai più, secondo cui questa grande macchina del dissenso delegittima ogni ‘altro’ dissenso e legittima per questo l’establishment, che come è noto, in ‘democrazia’ è costituito da una maggioranza e da una opposizione, insieme e con ruoli interscambiabili nel breve periodo e dunque attenti a non sgretolare il sistema che li contiene. In altre parole, allorchè il dissenso nuota nelle acque sicure della legittimazione del sistema, non è dissenso ma consenso al sistema. La prova di questo che vado dicendo qua sta nel fatto che nelle trasmissioni ‘contro’ e sui giornali ‘contro’ e nella satira ‘contro’ e nei dibattiti ‘contro’, vengono messi in ‘piazza’ esclusivamente fatti che sono già ampiamente noti ai carabinieri, alla polizia, ai magistrati, alla finanza e le querele che ricevono questi Robespierre sono per gli eventuali danni che hanno subito da questa iniziativa (cause quasi mai vinte, appunto, poichè s’è parlato di questioni note e spesso perfino provate) imprenditori o privati cittadini e non per falsa notizia. Dunque questi agenti ‘contro’, questi tupamaros del dissenso all’establishement che ci sta portando alla rovina, non toccano mai i veri santuari. Chiamereste rivoluzionari quei preti che negli anni ’70 portarono le chitarre elettriche in chiesa? Ecco, portare gli operai a confrontarsi in trasmissioni coi pescecani in poltrona è come portare le chitarre in chiesa, cioè niente, in termini di dissenso e nemmeno in termini di informazione. Coloro infatti che hanno tentato qualcosa di veramente contro il sistema, o sono morti ammazzati o sono stati completamente emarginati. Persone coraggiose, che non seguono ma precedono la magistratura, che hanno compiuto inchieste giornalistiche vere, sono emarginate dal sistema in modo bipartisan ed è tanto che ancora riescano a scrivere sui blog e produrre trasmissioni filmate per YouTube. In queste trasmissioni dei colossi dell’informazione, in questa satira, in questi monologhi d’artista, si parla di alti costi di tenuta del conto bancario, costi più alti d’Europa i nostri, ma non si dice nulla di cosa sono le banche, che mestiere fanno, non si parla di signoraggio, non si parla dello IOR se non seguendo tracce giudiziarie note. In queste trasmissioni ed articoli si parla di alto costo dei farmaci e delle lungaggini del sistema sanitario nel fornire prestazioni sanitarie tempestive, si parla e si scrive di scandalose liste di attesa, ma non si fa una parola nè una riga sul fatto che i medici, in tutto il mondo, sono formati in scuole di medicina che dalla fine dell’800 sono infiltrate finanziariamente dalle 5 o 6 grandi aziende farmaceutiche mondiali, quelle stesse che producono i vaccini per vaccinazioni inutili e spesso dannose, che creano ‘malattie’ come l’ipertensione, i cui valori ‘normali’ scendono di congresso medico in congresso medico, per vendere miliardi di pillole…sempre a più cittadini sani. Oppure di quelle sostanze attive, ma non brevettabili perchè naturali e non sintetiche, e mai legittimate dalla lobby medica poichè di nessun guadagno per le ditte farmaceutiche multinazionali.
Recentemente alcune ‘prime donne’ di questa cosiddetta controinformazione sono usciti dalla televisione pubblica e dai giornali sovvenzionati dal sistema stesso….staremo a vedere se si tratta di rivoluzionari che denunciano il sistema affamante o se solo sono riformisti. I riformisti sono ad esempio quei preti che contestavano la chiesa di Roma per farne un’altra altrove. Ora consideriamo se noi vogliamo davvero un’altra chiesa, un altro stato, un altro ministro, un’altra banca. Nel momento che applaudiamo e ci sganasciamo dalle risate a sentire questi signori della lobby del dissenso, siano essi comici, artisti o giornalisti, in realtà stiamo legittimando questo sistema e il massimo che stiamo chiedendo è che sia oliato in modo più efficiente. La vera controinformazione la troviamo altrove, in posti lontani dalle luci della ribalta e dal successo di massa, che quella, la massa, se l’è presa il sistema, grazie ad una contestazione controllata, che dunque va in piazza, ma scortata dalla polizia, per evitare “infiltrazioni”…..anche in strada, come altrove, TV o giornali che siano, non sono tollerati gli “infiltrati”.
[Carlo Anibaldi 2011]

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