THE ETERNAL [VIDEO]
23 novembre 2011 di Lascia un commento
Gli istinti, le emozioni, i ricordi e le riflessioni muoiono insieme a noi. Sono le immagini che popolano la mente che determinano la direzione della vita di ciascuno. A tali immagini e’ annessa una enorme energia, la chiamiamo anima. Essa non ci appartiene, ci sopravvive nell’immaginario e ci da’ finalmente l’immortalita’. In questa frase c’è una sintesi estrema del concetto di Inconscio Collettivo che Jung affiancò all’inconscio personale di Fred. Le esperienze fondamentali dell’umanità che sono espresse nei miti, nelle leggende e nelle religioni e in tutta la simbologia connessa, non è roba inventata da qualcuno, ma substrato comune alla specie. Dunque nei sogni, spesso, e nelle esperienze di ‘picco’ come momenti meditativi, mistici e negli innamoramenti, viviamo un qualcosa che non è nostro personale ma comune alla specie…da sempre. Ci sono conferme scientifiche a questa cosa. Invece gli istinti e le emozioni ce li che hanno anche gli animali. La mente funziona per immagini, mentre i concetti e i pensieri vengo alla corteccia DOPO le immagini..che esse solo sono il nutrimento e la possibilità espressiva. Anche la mente degli animali funziona per immagini, mica pensano la pappa…piuttosto ‘vedono’ la pappa. Immortale perchè queste immagini sono le stesse per tutti da sempre. Ci attingiamo e le ‘restituiamo’….Pensiamo ai miti …Persefone….Elettra…Edipo….è il funzionamento della mente umana come specie che rappresentano. Nella Cina del mille avanti cristo si raccontavano le stesse leggende, ma con nomi diversi. Anche nella Lapponia e nella Foresta Nera…le leggende e i miti sono gli stessi, cambiano solo i nomi dei protagonisti. Dunque è la mente umana che “funziona” così. Questa la grande scoperta di Jung. E per di più s’è anche visto…nello studio dei sogni e dei comportamenti…che ciascuno ‘segue’ e persegue un mito e l’archetipo connesso affondato nell’inconscio, e allora ecco che vediamo intorno tante Grandi Madri, tanti Puer Aeterni, tanti Guerrieri. tanti Vecchi Saggi e tanti Narciso. Il lavoro di una vita dovrebbe essere quello di scoprire il nostro mito guida….e allora capiamo ‘tutto’. In definitiva noi siamo immortali attraverso loro…i miti…che sono immagini condivise, di cui non siamo “proprietari”, ma inconsci interpreti. Comprendere il nostro mito ci dirà la Via…senza perdere tempo ed energie dietro a falsi miti. Finchè non lo abbiamo ‘scoperto’ siamo condannati a correre dietro ai miti di altri, sprecando energie. Se comprendiamo ‘dove’ siamo dentro, ne possiamo uscire e al limite ‘cambiare’ mito, se il crescere della consapevolezza ce lo rende ‘stretto’. Non è questione di arti figurative…che invece accade che in altre espressioni dell’ingegno non siamo ‘immortali’. Tutto nasce da immagini nella mente…anche una cattedrale…nasce da una immagine forte… poi tradotta in mattoni. Un poema, un romanzo, una statua…tutto nasce da immagini più o meno oniriche e intuitive…e comunque che ci superano per grandezza poichè attingono ad un collettivo, inconscio, dove è depositata tutta l’esperienza dell’umanità. Vi sarà capitato mille volte di fare un sogno che vi sembrava non appartenervi e anzi ‘superarvi’ per grandezza ed esperienza…..e non solo nei sogni, via regia verso l’inconscio, ma in ogni stato ‘crepuscolare’, dunque gli stati di trance, gli allucinogeni, gli innamoramenti ‘forti’ e travolgenti. Ci sono giovanotti che non hanno fatto più ritorno da esperienze di cosiddetta ‘inflazione psichica’….e sono partiti per Paesi lontani…come se le immagini della mente, lo ‘stato’ stesso della mente e dunque la ‘felicità’ avesse un luogo piuttosto che un’altro nel mondo. L’inconscio è talmente più grande di noi…come il mare nel bicchiere…e molti sono sbroccati senza ritorno per il non essere ancora e forse mai pronti a questo viaggio ai confini dell’Io.
Carlo Anibaldi – 2011
VEDI ARTICOLO CORRELATO AL VIDEO [http://wp.me/p1RsNe-49]
Lettera a Mr. Mortimer H. & Sons Ltd – Whitechapel, London E2 [di Carlo Anibaldi]
21 novembre 2011 di Lascia un commento

Nel ringraziarla per la sua lettera, mi urge chiarire quanto segue. Pur convinto che il suo mestiere sia un’arte, ho colto nelle sue parole di cordoglio per la perdita della madre mia, un eccesso colposo di ipocrisia che va al di là del suo ufficio o arte funeraria che dir si voglia della sua opera. Lei sa bene quanto me di quale donna stiamo parlando, che della Vittoria aveva solo il nome, ma insensibile, beffarda e spendacciona e di come la sua dipartita mi lasci oppresso più dalla di lei situazione debitoria che per altro insignificante sentimento luttuoso, che lei sa quanto sia lontano dal mio sentire di questi giorni. Dunque fra sepoltura e cremazione scelga senza esitare la via meno onerosa. Lo stesso valga per gli altri orpelli ed arredi funebri e dunque non mi importuni oltre con inesistenti opzioni in proposito. Mi è giunta voce che ieri mia sorella Alice è stata da lei convocata nel suo ufficio di Withechapel, dunque sono costretto a parlarle in modo franco ed inequivocabile: si adoperi e faccia buon uso della sua arte allo scopo di far scomparire il cadavere con le sole 100 sterline che accludo a questa mia. Potrà tenere per se gli oggetti personali di cui non chiedo restituzione, salvo i gioielli, che avrà cura di mettere al più presto a mia disposizione.
Con la speranza di non dover tornare sull’argomento, distinti saluti, Prince Edward
Lettera a Mathilda [March, 22] di Carlo Anibaldi
20 novembre 2011 di 1 commento

Gentile Mathilda, ora finalmente, dopo due settimane che non viene al mio studio, ho certezza che si è offesa per l’accaduto. Purtroppo ho anche certezza di non essere creduto se le dico in tutta sincerità che non mi sono preso licenze di sorta, ma che quando le ho gridato “Avanti” ero talmente assorto nei miei pensieri da non rendermi conto che ero completamente nudo sul divanetto dello studio, come mio costume nelle giornate calde. Mi rendo conto che il suo mondo non concepisce un bottone slacciato nemmeno sul lungolago qui di fronte, ma la prego di considerare gli infiniti mondi, fra cui il mio, che non sopporta stoffe impregnate di sudore, considerandole, queste sì, al di là della decenza. Comunque sia ero sovrappensiero e mi dolgo infinitamente dell’accaduto. Spero decida di tornare presto al mio studio e ai nostri appuntamenti…che il lavoro intrapreso sulle rimozioni infantili era davvero a buon punto e non sia mai dovessimo interromperlo per questo insignificante incidente.
Suo devotissimo Sigmund
THE ETERNAL di Carlo Anibaldi
20 novembre 2011 di 6 commenti

Ne abbiamo fatto un filmato sul fluire senza tempo dei contenuti dell’Anima. Le immagini infatti, meglio di queste poche parole di introduzione al filmato, richiamano altre immagini, che a torto pensavamo originali o addirittura personali. L’Anima entra in scena ogni volta che siamo sospinti da un sentimento e a malapena vediamo il percorso e mai la meta. Il contrario esatto del pensiero volitivo, dove è sempre chiara la meta e poco ci importa del percorso. I moti dell’anima, le cosiddette ‘animosità’, hanno diversi volti e qualità spesso opposte; determinano scelte a nostra insaputa e quasi mai in linea con la logica della mente, prendono la mano e determinano la scena. Tutti abbiamo sentito storie di vecchi professori che abbandonano tutto e tutti per ‘scappare’ con la ballerina dai capelli rossi, o storie di gelosie che definiamo ‘paranoiche’ pur sapendo che la gelosia patologica colpisce una vita intera e non pochi giorni o mesi ed esclusivamente legate ad una fase del rapporto amoroso. E poi gli innamoramenti, cui sono annesse quantità di energia enormi e comportamenti e perfino metabolismo, inusuali. Quante volte abbiamo visto uomini adulti trasfigurati in donnette dalla voce stridula quando sono in preda ad un’ira incontrollata e donne che, in situazioni di insopportabile frustrazione, divengono, anche fisicamente talvolta, le megere dei libri di fiabe. E che dire di quel sentirsi ‘divini’, ad un passo dal cielo, anzi nel cielo, nelle trasfigurazioni mistiche e in quelle amorose, che ci fanno sentire in comunione assoluta con gli altri o con un’altro in particolare? E di quei momenti di intimità assoluta con l’altro da sè… che il fare l’amore diviene una cosa più del cielo che della terra? Tutte queste situazioni e molte altre, sono il territorio dell’Anima. Queste esperienze ci trascendono, non ne abbiamo la completa disponibilità poiché non sono ‘nostre’, ma appartengono al collettivo condiviso e dunque quando abbiamo detto ad una persona ‘ti amerò per sempre’, non abbiamo detto una scemenza da innamorati, ma una bella verità, poichè l’amore ha un contenuto energetico connesso alle espressioni dell’Anima che travalica i destini delle storie personali.e vanno a costituire le esperienze fondamentali dell’Umanità…che conosciamo anche senza averle ancora mai vissute….come gli uccelli sanno come volare senza averlo imparato. Siamo nella condizione di soggiacere alla potenza dell’Anima in toto, in parte o per nulla nella misura che ne abbiamo coscienza. L’incoscienza può essere distruttiva…pensiamo a quel vecchio professore fuggito con la ballerina…. e dunque avere coscienza dei moti dell’Anima può essere allora il percorso e il senso di una vita intera. Per molti è così, in verità più nella cultura orientale che in quella occidentale, meno avvezza ad ascoltare le voci di ‘dentro’ e più incline a farci film, canzoni e letteratura, che suscitino emozioni forti per via ‘indiretta’, lasciando l’Anima a far da padrona incontrastata in momenti particolari e spesso cruciali della vita, con conseguenze distruttive e scarse possibilità di appello. La conoscenza dell’Anima passa per i rapporti in cui essa è coinvolta ed è questa la ragione per cui i secondi matrimoni ‘funzionano’ generalmente meglio dei primi, più che per le supposte ‘incompatibilità’ lamentate. Più in generale e quindi in ogni tipo di rapporto, vale dunque la regola ‘più conosco gli altri e più conosco me stesso’…generalmente usata invertita, ma è letteratura, poichè è in verità assai più facile arrivare a se stessi attraverso gli altri….ma è lavoro da Maestri, poichè generalmente siamo confusi dagli altri.
[Carlo Anibaldi]
Survival Manual at the Pigs Time on Power – Jaramillo-Anibaldi Collection
19 novembre 2011 di 2 commenti
IMPIETRIMENTO
19 novembre 2011 di 1 commento

“Che cos’è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall’ansia economica di esserlo? Che cos’è che ha trasformato le masse dei giovani in masse di criminaloidi? L’ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una seconda rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la prima; il consumismo che ha distrutto cinicamente un mondo reale, trasformandolo in una totale irrealtà, dove non c’è più scelta possibile tra male e bene. Donde l’ambiguità che caratterizza i criminali e la loro ferocia, prodotta dall’assoluta mancanza di ogni tradizionale conflitto interiore. Non c’è stata in loro scelta tra male e bene, ma una scelta tuttavia c’è stata; la scelta dell’impietrimento, della mancanza di ogni pietà”.
Questo è il potere – Paolo Barnard (Gruppo Bilderberg,Commissione Trilaterale, Lobby) – YouTube
18 novembre 2011 di Lascia un commento
ENTUSIASTI DI CHE?
17 novembre 2011 di 2 commenti

Premesso che i significati annessi alle parole ‘governo’ ‘stato’ ‘nazione’ ‘patria’ ‘chiesa’ ‘politica’ ‘crescita’’democrazia’ fanno a pugni con altri significati, annessi alle parole ‘solidarismo’ ‘giustizia sociale’ ‘libertà’ ‘laicità’ ‘organizzazione’ ‘decrescita’, sfido a dimostrare che le prime abbiano portato più felicità delle seconde. Premessa questo, dicevo, tocca considerare cosa è un ‘governo tecnico’, che in queste ore entusiasma moltitudini che hanno una mente aderente a quella di Casini pur senza averne le opportunità e mai le avranno nel corso della loro vita, per lo più. Quello che entusiasma è la piazza pulita che s’è fatta di una classe dirigente cialtrona, e poi c’è l’idea di ‘efficentismo’ che inebria menti forse poco abituate a riflettere. Due cose dovrebbero venire spontanee, per cominciare. La classe dirigente cialtrona era la fotografia ed espressione della maggioranza del Paese che va a votare e, dunque, non s’è fatta piazza pulita di nulla, solo una pausa per consentire ad altri di tirar fuori le castagne dal fuoco. Inoltre, l’idea di ‘efficentismo’ è tanto cara agli italiani per il semplice motivo che è cosa lontana dai sommi poeti, fantastici inventori ed intrepidi navigatori quali siamo e dunque sempreverde come aspirazione, una specie di ‘psicoesterofilia’, un ‘fuori di sè’ innato. Ho sentito con le mie orecchie persone neanche idiote tout court che si ponevano la questione di dare a Monti poteri sovrani, oltre il Parlamento, in modo che potesse lavorare con maggior ‘efficienza’. I governi tecnici sono a mio avviso la peggiore espressione del già incredibile concetto di ‘governo’. Confondiamo infatti i cattivi ‘governanti’, quelli cui siamo avvezzi, con mire personali e narcisistiche, con coloro che, pur all’interno di un millenario e dunque obsoleto concetto di Istituzione e Stato, interpretano la politica come servizio, magari con idee contrapposte alle nostre, ma onesti intellettualmente; per quanto cosa rara, è possibile. Accade invece che il tecnico di settore che sia ministro di quel settore ritenga il suo settore più importante degli altri, coerentemente con le scelte di vita, oltre al fatto che il tecnico, che persegue per definizione l’efficienza, prescinde dall’interesse dei singoli, che sono letteralmente nulla in paragone al progetto. Questi sono i tecnici, primi della classe costi quel che costi. Ed è questa la ragione per la quale nessun ordinamento mondiale prevede che siano le competenze tecniche quelle che diano esclusivo diritto a candidarsi a queste cariche pubbliche. Un militare in carriera come ministro della difesa, un medico come ministro della sanità, un banchiere all’economia, un avvocato alla giustizia e così via…e la gente? Io, voi e quei poveracci la fuori? Siamo certi che l’efficienza sia il solo criterio che possa farci ‘felici’? Molto spesso la libertà è, ad esempio, un concetto che fa a pugni con l’efficienza, la solidarietà pure, la pace pure, l’uguaglianza pure. Se lo sono domandato questo i milioni di entusiasti dei tecnici finalmente al potere? Certo che ci tireranno fuori dalla crisi…lo faranno a modo loro e non ci piacerà, non fosse altro che per il fatto che la crisi è di sistema e il sistema non cambia, si assesta su posizioni più ‘sicure’. Con la minaccia del default del ‘loro’ sistema taglieranno cento auto blu contro 1000 operai, vale a dire, taglieranno qualche privilegio odioso per poterci sfilare anche gli spiccioli dai pantaloni. Siamo funzionali al sistema quanto le scimmie al circo. Lo sappiano gli entusiasti bipartisan dell’ultim’ora.
[Carlo Anibaldi – Novembre 2011]
ANARCHISMO OGGI – Jaramillo – Anibaldi Collection – YouTube
17 novembre 2011 di 1 commento
Anarchismo non è sinonimo di ‘famo come ce pare’, questo è lo stravolgimento di un’idea, oltre che di un termine. Il pensiero anarchico è sintetizzabile nella bella idea che vuole che ognuno sia così partecipe del bene comune da potersi governare da solo senza pregiudicare l’altro. Nulla a che vedere con il comunismo o la democrazia rappresentativa, cui è sottesa l’idea che le masse siano incapaci di evolvere e dunque bisognose di essere ‘governate’, per lo più da persone bramose di potere e ricchezza personale.Il terzo millennio è iniziato con una crisi profonda dei modelli e quasi sempre ciò è avvenuto perchè le idee, alla fine, camminano sulle gambe dei peggiori. Lo diceva già Lenin un secolo fà. Dunque non le idee mancano, ma uomini giusti che vogliano occuparsi di politica, intesa come cura della cosa pubblica. E’ un ossimoro, mi rendo conto, del genere ‘mi sento vivo da morire’. Infatti gli uomini ‘giusti’ generalmente stanno alla larga dalla politica, che è l’arte del compromesso e talvolta della sopraffazione. Gli ideali anarchici sono utopici, ne convengo, ma non più di quelli della democrazia e del comunismo o del capitalismo. Alla base di tutto questo discorso c’è l’uomo e le sue possibilità evolutive. Dunque dobbiamo dare per scontato che le possibilità ci sono, perchè ci sono sempre state e ci hanno condotto fuori dalla barbarie e dalla legge della jungla. Sappiamo anche che la barbarie arde sotto la cenere ed è pronta a riprendere vigore ogni volta che gli uomini ‘giusti’ mollano.Dunque non si tratta di ripulire il mondo dai furbi, dagli ignoranti, dagli egoisti e dai sopraffattori (questa è davvero utopia, poichè i percorsi di crescita sono individuali, c’è chi evolve in un anno e chi non gli basta una vita intera), ma di far sentire queste persone come si sente un fumatore in un parco di Santa Monica: un didadattato, una persona fuori dal tempo, antica. In questa società occidentale i ‘disadattati’ sono invece al potere e radicano nelle menti deboli questi ideali da par loro e gli uomini ‘giusti’ si nascondono nel privato, poichè le minoranze sono perseguitate fino a che il mondo sta in mano ai cosiddetti ‘governanti’. Ecco, spostare questi equilibri, capovolgere il sentire comune è il mestiere dell’Utopia.Dal mio punto di vista è sbagliato perfino il concetto di ‘maggioranza’, alla base della democrazia. Un esempio paradossale per spiegarmi meglio. Secondo il principio di maggioranza gli handicappati dovrebbero strisciare su e giù per le scale e invece ha vinto il principio di minoranza, non puoi più costruire case e uffici con barriere architettoniche perchè non è vero che la maggioranza rappresenta sempre il meglio per tutti.I movimenti anarchici hanno frange che usano violenza, ritenuta commisurata alla violenza subita, perlopiù diretta alle cose e non alle persone, allo scopo di richiamare l’attenzione dei media. Su questo punto si può discutere all’infinito, ma alla fine non ne risulta sminuito il principio base: chi intende ‘governarci’, inevitabilmente ci pensa e ci tratta come bestiame, altrimenti non avrebbe scelto di guadagnarsi da vivere ‘governando’ i propri simili. Questo è uno dei principi da abbattere, filosoficamente parlando, come fu abbattuto quello della schiavitù, della segregazione razziale e del lavoro minorile per dar posto al diritto all’istruzione, al lavoro e al suffragio universale. Tutto ciò è costato lacrime e sangue lungo centinaia di anni, in quanto non accade mai che si salga da qualche parte prendendo strade in discesa. Ditelo forte ai milioni di cattocomunisti che asfissiano e incatenano, da destra e da sinistra, se così si può dire, questo Paese. La ‘globalizzazione’ non è, come i media tentano di farci credere, un fenomeno ineluttabile, ma il tentativo di riunire il potere in pochissime mani. Questa oligarchia, economica, finanziaria e politica, si propone di governare il mondo più di quanto stia già facendo. Tutti i movimenti e i partiti, ad esclusione di quello anarchico, portano acqua a quel mulino. Il futuro penso che sia nel pensiero anarchico, poichè sempre più persone non intendono vivere la propria vita all’interno di un gioco di ruolo, dove tutto è previsto, indirizzato, manipolato, finto. Cito il pensiero anarchico poiché è una delle poche forme mentis che ci slegano dal forte bisogno di essere servi o padroni o entrambi e dunque non liberi di considerare la nostra unicità e, alla fine, solitudine nell’universo.
Anarchia è sinonimo di Utopia esattamente come lo era la Democrazia al tempo di Cesare. Dunque nessuna utopia, ma un’alternativa, una possibilità. Il fatto che tale alternativa necessiti di una rivoluzione sociale è vero, ma non più di quanto furono necessari altri stravolgimenti sociali per l’affermarsi del capitalismo, del fascismo e del nazionalsocialismo. L’idea che gli anarchici siano dei comunisti rivoluzionari non è esatta, ma si è radicata per via del fatto che ovunque ci sia stato da menar le mani per abbattere il potere costituito, gli anarchici c’erano e sempre in prima fila. A cominciare dalla Rivoluzione russa, ma anche prima. In verità, gli anarchici semplicemente sanno che senza rivoluzione sociale qualunque cosa si faccia è un piacere allo statu quo, e allora si sono trovati spesso al fianco di movimenti rivoluzionari comunisti. Gli anarchici non fanno una questione di potere buono e potere cattivo, dunque non possono essere comunisti e statalisti. L’anarchia è anche altro… un modo di essere, una mentalità, un modo di vivere, un concetto e una visione differente della vita. E’ autonomia, rispetto, solidarietà, universalità, tolleranza, insomma… se la conosci t’innammori e dopo non potrai essere altro.
In vista e nella speranza di un sovvertimento sociale, gli anarchici sanno che opposte fazioni si contenderanno il potere. Per questa ragione la loro azione ‘prerivoluzionaria’ è rivolta a promuovere il rifiuto di ogni forma di potere dell’uomo sull’uomo, a convincere insomma le masse che non esiste la necessità di essere servi o padroni, poichè questo assunto è solo un’invenzione di menti astute e antiche come il mondo, non una legge di natura.
[Carlo Anibaldi alias Carlos – Maggio 2011]
Bologna – Unicredit murata, #rimontiamo con le lotte! | Italy IMC – Independent media center
17 novembre 2011 di Lascia un commento
LA MEDICINA DEL “NO”
16 novembre 2011 di 1 commento

Dedico questo articolo alle migliaia di medici e chirurghi che in Italia si occupano quotidianamente della Medicina del NO. Si tratta di Medici del NO* che, nel Servizio Sanitario trattano i Pazienti del NO. Lo scrivente è un medico del NO, nemmeno fra i più meritevoli di attenzione, ma certamente osservatore attento della realtà.
Come è noto, l’intero impianto della sanità pubblica fonda sulla antica suddivisione in branche di diretta derivazione dai trattati dei padri della medicina. Da un po’ di anni, con percentuali variabili di insuccessi e libere interpretazioni, s’è introdotto il concetto di Dipartimento, con l’intento di ridurre la parcellizzazione, virtuale ma di fatto sostanziale, dei portatori di patologie che afferiscono ai servizi di diagnosi e cura e dei finanziamenti ad essi affluenti. Intento lodevole che si è scontrato, e per lo più infranto, con una cultura di settore particolarmente radicata in Italia. Infatti, la politica dichiarata del paziente/utente al centro del Servizio Sanitario è sostanzialmente tradita dal fatto che al centro si trova semmai la sua patologia, poiché è intorno a quella e non intorno all’utente, che è stato creato un centro di potere. In sanità pubblica centro di potere significa luogo ben definito dove afferiscono finanziamenti e tutto quanto consegue in termini di efficienza, eccellenza, carriere.
A farla breve, di fatto abbiamo divisioni ermetiche di urologia dove medici urologi gestiscono i pazienti urologici; divisioni di ematologia dove medici ematologi gestiscono pazienti ematologici; divisioni di nefrologia dove medici nefrologi gestiscono pazienti nefrologici e così continuando per tutto il trattato di Patologia Speciale Medica e Chirurgica. Tutti perseguono l’eccellenza nella loro branca di attività perché è giusto così, perché questo chiedono le istituzioni preposte all’accreditamento, perché solo gli accreditati otterranno i soldi per crescere, per pubblicare, per, in una parola, avere credito. Il credito ottenuto nel servizio pubblico con danaro pubblico, consente a molti professionisti di pretendere e ottenere parcelle californiane nell’attività rivolta al numeroso pubblico che può permettersi di pagarle. Fin qui tutto bene, non ho pregiudiziali verso l’economia di mercato. Il problema si va però a costituire indipendentemente dall’orientamento socio-politico dell’osservatore, semplicemente per il fatto che per tenere con pervicacia in piedi questi centri di potere, vanno puntualmente alle ortiche tutti i progetti per rimettere al centro del SSN il paziente piuttosto che il suo medico, il suo Ospedale, il politico di riferimento. Perché, si sa, il paziente è indisciplinato, non ci sta a farsi etichettare come un capitolo di trattazione trascritto sull’arco di una porta. Come al solito in Italia abbiamo importato buone scatole (i dipartimenti, nel nostro caso, ma gli esempi calzanti sono una moltitudine) da sistemi anglosassoni avanzati, ma le abbiamo riempite dei soliti contenuti clientelari, sudditali, autoreferenziali, come solo noi sappiamo fare, con l’aria cioè di far ben bene, con tanto di taglio del nastro e le TV, cose altrove impresentabili. Siamo riusciti a stravolgere la lettera e lo spirito di tutte le buone leggi che pur sono state talvolta fatte. Salvo lodevoli eccezioni, anche in Sanità, come in altri ambiti, ogni nuovo amministratore che arriva alla sua nuova scrivania finisce per favorire gli amici e gli amici degli amici che lo hanno aiutato nella sua piccola impresa di scalatore e allora ecco che una struttura sanitaria può diventare un’offesa all’intelligenza, una specie di mostro con le gambe corte e le braccia lunghe, ma in definitiva non serve che corra…….
Dopo questa premessa che traccia le linee attraverso cui si è andata nel tempo a creare la Medicina del NO, i Medici del NO e, cosa più penosa, i Pazienti del NO, andiamo ora a guardare da vicino questa madre snaturata, la politica del NO.
Il processo aziendale di produzione di salute, come viene illustrato dagli algoritmi di importazione anglosassone, appare efficiente, economico ed efficace. L’ outcome dell’azienda vede il paziente/utente risanato esprimere alti livelli di soddisfazione e la spesa diminuire grazie al taglio delle inefficienze e la correzione virtuosa degli errori che emergono dalle analisi del processo.
Ho cercato di approfondire la questione poiché non mi tornano i conti, né in termini di soddisfazione percepita, né in termini di razionalizzazione della spesa. Presto mi sono reso conto che nello sviluppo di questi processi di ammodernamento e nell’operatività degli stessi, quasi non si faceva cenno, in letteratura e nella prassi, a quella che è la parte insopprimibile di ogni processo: la produzione di scorie.
Permettetemi a questo punto una divagazione un po’ forte. Mi serve per argomentare in maniera chiara il concetto di scorie del processo allorché questo abbia un outcome non propriamente materiale come una lavatrice o tubi di ghisa. Come spesso accade, la chiarezza è maggiore se nella dialettica si fa uso dei contrari. Il contrario esatto di produzione di salute è la produzione di morte. Disgraziatamente la Storia ci mette a disposizione una formidabile azienda di produzione della morte: l’Olocausto perpetrato nei campi di sterminio nazisti. Il disegno politico venne messo a punto nella Conferenza di Wannsee, l’operatività affidata ai campi della morte, Auschwitz il più efficiente ed efficace tra questi. In questa sede non consideriamo gli aspetti orribili e disumani di questo progetto, ma freddamente, se possibile, l’ outcome del processo. Ancora due anni di guerra e l’obbiettivo criminale di far sparire dall’Europa gli ebrei, gli zingari, ecc… sarebbe stato centrato, dunque un processo efficace in termini di pulizia etnica, dove l’ outcome sarebbe stato un’Europa ariana. Ma i nazisti si trovarono di fronte il problema dell’enorme produzione di cadaveri e dello smaltimento di queste scorie del processo produttivo di pulizia etnica . Allo scopo di non infiacchire psicologicamente il soldato tedesco, che anzi doveva ritenersi impegnato in un “alto” compito di preservazione della razza, questo sporco lavoro di smaltimento (spoliazione dei cadaveri, trasporto nei forni e dispersione delle ceneri) venne affidato ad un corpo creato ad hoc: il Sonderkommand, costituito da internati.
Nel progetto efficientistico di produzione di salute, concepito in maniera di fatto settoriale per le ragioni che abbiamo visto, non si è tenuto in sufficiente conto, in termini anche solo numerici, dei pazienti polipatologia, quelli la cui diagnosi la scrivi in non meno di tre righe dattiloscritte, di quelli ultraottantenni che non guariscono e non muoiono, anch’essi in crescita e di quelli che, pur avendo avuto accesso a moderne terapie, hanno sì conservato la vita ma non riacquisito la salute. Nel processo di produzione della salute, che vede al centro le eccellenze parrocchiali invece dei pazienti, tutti questi soggetti vanno a costituire le ingombranti scorie del processo stesso. La gestione delle “scorie” non è affidata agli Eccellenti, che così perderebbero la qualifica, ma ai soggetti della Medicina del NO: no rispetto, no soldi, no speranza, no salute, no carriera.
Conosco personalmente parecchi Medici con la M maiuscola cui la politica e, a scendere, l’azienda che ne è emanazione, non ha affidato altro incarico che quello di spalare la cenere in silenzio, fino alla pensione. Professionisti esperti e menti brillanti che abili mani rubate alla terra hanno avuto il potere di relegare a Sonderkommando di questa patacca che sono la maggioranza delle nostre attuali Aziende sanitarie.
E che dire dei Pazienti del NO, cui spettano finanziamenti minimi, medici profondamente offesi, infermieri in cronico burn-out e locali fatiscenti? Ho visto con i miei occhi Reparti di Medicina per acuti senza ossimetro e senza defibrillatore, senza condizionamento nelle estati torride e senza pannoloni, senza infermieri sufficienti e senza medici sufficienti, senza vera informatizzazione, senza vere motivazioni a migliorare una qualità percepita di napoleonica memoria.
Dopo questa diagnosi impietosa viene da sé che la soluzione passa per una visione olistica del paziente e dunque la creazione di veri Dipartimenti, dove la gestione non viene fatta per patologia prevalente, ma relativamente al paziente nella sua globalità. Questo fortunato paziente sarebbe ricoverato nel Dipartimento e seguito nel suo iter diagnostico-terapeutico da un pool interdisciplinare di medici che, in virtù delle loro peculiari specificità, possono affrontare ogni tipo di situazione. Questa soluzione, ampiamente praticata in Europa, qui da noi somiglia ad una bestemmia in chiesa e come tale osteggiata. La ragione è semplice quanto misera: il vero Dipartimento cui mi riferisco non avrebbe 13 primari, ma uno, il capo-dipartimento. I finanziamenti andrebbero al Dipartimento e non ai 13 caporali in cerca di visibilità.
Queste semplici osservazioni sono ovviamente da anni sulle scrivanie dei caposezione di vari ministeri, perché sono le scatole importate da Paesi avanzati e non è stato possibile ignorarle. Ma i soliti furbi sono al lavoro e stanno trovando la via di fuga dal progresso delle idee. Progetti che non trovano dunque vera attuazione per ragioni “politiche”. Al contrario, vengono tutt’oggi spesi milioni di euro per costruire parrocchiette all’ombra di S. Pietro. Dato però che i milioni di euro vanno razionalizzati perché non ce n’è un’infinità, vengono lentamente chiusi i rubinetti su alcune realtà ospedaliere, che pur avrebbero avuto un futuro, per farle morire, ma lentamente, altrimenti il cittadino-utente-votante se ne accorge che gli hanno scippato l’ospedale, invece di renderlo efficiente.
Talvolta sono ottimista e penso che questa situazione di ritardo culturale somiglia un po’ a quella che doveva apparire ai tempi della cosiddetta Belle Epoque: intanto che alcuni continuavano ad aggiungere cavalli al tiro della carrozza, altri avevano compreso che il progresso vero era stato l’invenzione della macchina a vapore. Un momento di transizione dunque. Più spesso sono pessimista e vedo che nelle altre democrazie avanzate il futuro è oggi, ma non bisogna smettere di sperare, perché la Storia insegna che in ogni processo evolutivo non c’è modo di stare fermi, o si va avanti o si rimane travolti. Che fine hanno fatto quelli che ancora agli inizi del ‘900 sostenevano che il lavoro minorile nelle miniere era un caposaldo insostituibile dell’economia? E quelli che sostenevano che dare uno stipendio ai neri avrebbe provocato il caos? O, più semplicemente, quelli che “il bucato a mano è meglio, la lavatrice è un bluff” ?
Carlo Anibaldi (Medico Internista Ospedaliero)
*Nota a margine. I medici del Sì sono invece i reumatologi, dentisti, ginecologi, dietologi, croceristi e compagnia bella, vale a dire tutti coloro che ‘curano’ persone che fondamentalmente stanno bene o migliorano con 4 farmaci ben collaudati. Questi fortunati o furbi professionisti hanno abbracciato la Medicina del SI’, sì ai soldi, sì al successo, sì alla carriera, sì alla gratitudine dei pazienti, che quasi mai muoiono e quasi sempre migliorano, generalmente con 4 chiacchiere, un po’ di cortisone o un anti nausea e quasi sempre un ansiolitico che lo leghi per sempre al suo dottore. Se rinasco farò il medico in forza alla Costa Crociere, ovvio.
Pubblicazione web Visite: 16629 al 16 novembre 2011 : http://www.bispensiero.it/index.php?option=com_content&task=view&id=653&Itemid=579
La Lezione di Marat
16 novembre 2011 di 1 commento

(Questo è un discorso fatto da Marat nel 1793 innanzi ai giudici del tribunale rivoluzionario in difesa di un uomo che aveva rubato per fame. I giudici assolsero l’accusato)
«Cittadini – Se la società reclama il diritto di condannare in uomo, essa è allora tenuta ad offrirgli, a garantirgli, un’esistenza da uomo. Se …essa non fa che opporgli degli ostacoli e l’obbliga a soffrire una miseria crudele, fino a che egli strappa violentemente il vincolo sociale, allora quell’uomo non fa che riprendere i diritti che la società ingiustamente gli toglie». «Cittadino Marat» interruppe il presidente severamente «voi state tentando di giustificare il furto e i crimini!». «Io non giustifico nulla. Ma affermo che nella vostra società ingiusta voi mancate di ogni ragione che possa autorizzarvi a condannare il crimine. Poiché la società, nell’interesse stesso della sua esistenza, per poter pretendere il rispetto dell’ordine pubblico da ogni suo singolo membro dovrebbe innanzitutto soddisfare ai bisogni di tutti. Ma qual è stata finora la sorte dei poveri? Essi veggono nello Stato una classe di gente, che menan vita comoda e gaia, mentre essi stentano e soffrono. Gli uni gavazzano nell’abbondanza, gli altri mancano del necessario. Fatica, pericoli, fame, disprezzo ed insulti – questa è la condizione dei poveri. Sì: io lo grido in faccia a voi. È stata sempre la classe dominante che ha spinto il popolo alla disperazione sottraendogli i mezzi di vita. Il lavoratore non è nemmeno sicuro di trovare qualcosa da fare. Se non può pagare i balzelli, gli tolgono perfino la paglia su cui giace. Egli è ridotto all’elemosina. Irritato dalla durezza di cuore dei ricchi, non trovando aiuto in nessuna parte, egli farebbe qualunque cosa quando ode i suoi bambini piangere per fame. Permettetemi di mettermi al posto del mio cliente e parlarvi come se io fossi lui: Sono io colpevole? Non lo so. Ma io so che feci quello che dovevo fare. L’istinto di conservazione è il primo sentimento dell’uomo. Voi stessi non conoscete un dovere maggiore. Chiunque ruba per vivere, quando non ha altro mezzo di vita, non fa che esercitare i suoi diritti naturali. Voi mi accusate di aver violato l’ordine e le leggi. Che importano a me quest’ordine e queste leggi? A me, a cui esse non hanno fatto che del male? Voi che per mezzo delle leggi condannate sempre tanti sventurati, voi potete ben predicare la sottomissione alle leggi. Voi rispettate le leggi perché esse vi assicurano una comoda esistenza. Ma posso riconoscere le vostre leggi io, che sono stato da esse schiacciato? Non mi dite che tutti i membri della società ricevono beneficio dalle leggi, quando è evidente il contrario. Paragonate la sorte vostra alla mia. Mentre voi vivete in pace, in mezzo al lusso ed all’abbondanza, noi siamo esposti alle intemperie, alla schiavitù, alla fame. Per soddisfare la vostra sete di godimenti non basta che noi lavoriamo il suolo col sudore delle nostre fronti; noi dobbiamo innaffiarlo anche con le nostre lacrime. Che cosa avete voi fatto per vivere nel lusso a spalle nostre? Ma vi fosse almeno un termine alle nostre sofferenze. Non ve n’è alcuno. Il fato del povero è irrevocabile. La miseria è il destino eterno della nostra classe. Chi ignora i vantaggi che la ricchezza dà a chi possiede? Non occorrono talenti, meriti, virtù: basta il capriccio. Ai ricchi appartengono tutti i privilegi. In loro difesa, sono costrutte le flotte. Il comando dell’esercito, l’amministrazione del pubblico denaro, il diritto di saccheggiare lo Stato: – essi hanno tutti i privilegi. Bisogna aver denaro per accumular denaro. Altrimenti non vi è possibilità di uscire dalla miseria. E il genere di impiego mostra la differenza delle classi. Le occupazioni migliori, come le belle arti, ecc., sono riservate ai ricchi. Per noi, sono lasciati i lavori pericolosi ed insalubri. Dappertutto noi siamo negletti e respinti, mentre sono aiutati quelli che non ne hanno bisogno. Voi mi direte: lavorate. È facile il dirlo. Ebbi io la possibilità di trovar lavoro? Caduto in povertà per la concorrenza di un ricco rivale, ho lottato invano per conservare un tetto sotto cui ricoverarmi. Disfatto dalla malattia, non mi restava altro per vivere che andar mendicando un pane. Ed anche questo mi era a volte negato. Dormii ogni notte sulla paglia, avvolto tra gli stracci, ed esibii il triste spettacolo della mia miseria. Non un’anima ebbe pietà di me. Spinto alla disperazione dall’abbandono, privo di tutto, tormentato dalla fame, profittai della notte per levare, per forza, ad un passante una piccolezza ch’egli mi avrebbe altrimenti negata. Perché io feci uso del mio diritto naturale, voi mi mandereste in prigione. Condannatemi, se lo credete necessario alla sicurezza dei vostri privilegi. In mezzo agl’inenarrabili patimenti a cui sono stato soggetto, la mia sola consolazione fu di maledire il cielo per avermi fatto nascere in mezzo a voi».
Scarpette rosse e riccioli biondi
16 novembre 2011 di 1 commento

C’è un paio di
scarpette rosse
numero
ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna
si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze Monaco”;
c’è un paio di
scarpette rosse
in cima a un
mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald;
più in là c’è un
mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere
e castane
a Buchewald;
servivano a far
coperte per i soldati;
non si sprecava nulla,
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nella camere a gas;
c’è un paio di
scarpette rosse
di scarpette
rosse per la domenica
a Buchenwald;
erano di un bambino di tre anni
forse di tre anni e mezzo;
chi sa di che
colore erano gli occhi
bruciati nei forni,
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare:
si sa come piangono i bambini;
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare:
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità,
perché i piedini
dei bambini morti non crescono;
c’è un paio di
scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove,
perché i piedini
dei bambini morti
non consumano le suole.
Jojce Lussu
IL PENSIERO ANARCHICO IN VENTI RIGHE
1 novembre 2011 di Lascia un commento

Il pensiero anarchico è sintetizzabile nella bella idea che vuole che ognuno sia così partecipe del bene comune da potersi governare da solo senza pregiudicare l’altro. Nulla a che vedere con il comunismo o la democrazia rappresentativa, cui è sottesa l’idea che le masse siano incapaci di evolvere e dunque bisognose di essere ‘governate’, per lo più da persone bramose di potere e ricchezza personale. L’anarchismo è una filosofia politica e sociale che chiede l’abolizione dello Stato e pratica un’opposizione al governo, e per estensione, a tutte le autorità di controllo, gerarchiche e sociali imposte al singolo. Da destra e da sinistra siamo considerati come indesiderati, inutili e dannosi, perseguitati e fucilati da fascisti e comunisti, tutti coloro cioè che hanno lo Stato e la sua autorità come motore di ogni cosa. Sébastien Faure, filosofo anarchico francese, ha dichiarato: “Chiunque neghi l’autorità e lotta contro di essa è un anarchico.” In una formulazione semplice, poche dottrine o movimenti hanno manifestato, come quello anarchico, una grande varietà di approcci e azioni che non erano sempre ben compresa dal pubblico.
Storicamente parlando, l’anarchismo si concentra generalmente sull’individuo e la critica del suo rapporto con la società; l’ obiettivo è il cambiamento sociale verso una società futura, senza servi nè padroni…una società avanzata dunque, basata sulla buona organizzazione senza attaccamenti, che molti chiamano Utopia per il non considerare che il mondo si è evoluto dalla preistoria ad oggi grazie solo all’Utopia…che sennò stavamo ancora ad accendere il fuoco sfregando le pietre.
A seconda del temperamento e molto altro, le adesioni sono verso filosofie individualiste, insurrezionaliste, anarco-comuniste e altro ancora, ma addio ‘venti righe’ se ci addentriamo in questo.
[Carlo Anibaldi – gennaio 2012]