L’OTTICA JUNGHIANA SUL DISAGIO GIOVANILE


di Carlo Anibaldi

testo dell’intervento all’Università Valdese di Roma

INCONTRO SU “DISAGIO E RESPONSABILITA’

Alcuni attribuiscono le problematiche profonde della gioventù  di questi anni ad una sorta di Pensiero Debole, privo cioè di forti richiami  ideali ed etici, che si è sviluppato in epoca postmoderna, nella seconda metà  del secolo appena finito. Con questa breve relazione cercherò di dimostrare che  i nostri ragazzi sono tutt’altro che figli di un Dio minore, ma autentica aria  del Terzo Millennio.

Ho scelto un titolo che contiene un’apparente  contraddizione: l’ottica junghiana sul disagio giovanile. Molti infatti  affermano che l’Opera di Jung è principalmente rivolta alla comprensione e al  sollievo dei disagi della seconda parte della vita.

Va infatti per la maggiore che il lavoro di Jung sarebbe un  esplorare il mondo che si apre agli individui quando gli affanni giovanili sono  sopiti, quando le questioni affettive trovano quiete, quando le lotte per  l’affermazione dell’Io e la conquista di una posizione sociale lasciano il campo  a migliori capacità introspettive.

In questo scenario, che caratterizza l’aprirsi della  seconda parte della vita, comparirebbero pulsioni nuove, diverse, che in una  parola potremmo definire genericamente “spirituali”, se con questo termine  possiamo significare il complesso delle esperienze profonde, e che sono  rappresentate dall’aspirazione alla ricomposizione dei conflitti, alla  ricongiunzione degli opposti, all’individuazione dei simboli e dei miti che sono  stati l’inconsapevole motore della nostra vita, quel “tendere a …” che ci  ha sospinto e ci sospinge fino a poter dire a noi stessi che la nostra vita è  stata ben spesa e dunque “compiuta”.

Questo processo, quando si compie, è lungo una vita intera, ed  in verità nessuno ha mai specificato quando debba iniziare. La suddivisione dei  campi di ricerca in periodi della vita, è infatti un mero espediente didattico,  non fosse altro che per il fatto che la personalità non è un blocco compatto, ma  alcune parti crescono in fretta, altre lentamente e altre spesso non vedono mai  la maturità.

– CENNI SINTETICI SUL VALORE UNIVERSALE DELL’OPERA DI CARL  GUSTAV JUNG

Prima di arrivare al nocciolo di questo intervento, e cioè in  che modo l’insegnamento di Jung può alleviare il disagio dei nostri giovani,  consentitemi di aprire una breve parentesi sul valore universale dell’opera di  Jung.

Il lavoro scientifico di Jung inizia all’alba del ventesimo  secolo nell’ospedale psichiatrico di Zurigo, con studi assai originali su  pazienti schizofrenici. Fu il più brillante allievo di Freud fino al 1913,  quando sorsero insanabili divergenze scientifiche.

Si deve a Freud la fondamentale intuizione dell’esistenza di  una zona del nostro immaginario che non è sottoposta alle regole della coscienza  e che quindi sfugge alle categorie tipiche della mente cosciente quali il bene e  il male e la definizione di un prima e un dopo; definì Inconscio questa zona  colma delle rimozioni infantili, per lo più dolorose e che causarono sentimenti  di vergogna e di indegnità. In questo ambito, tipico del mondo dei Sogni, degli  Istinti e delle Emozioni, non abbiamo un diretto controllo da parte della parte  “alta” della psiche, la Coscienza, ci troviamo piuttosto nella condizione di  subirne gli influssi, talvolta in maniera problematica con lo sviluppo di  nevrosi..

Jung allargò questo concetto, definendo un ambito  che si aggiunge all’Inconscio freudiano e va oltre, trascendendo l’esperienza  personale; chiamò questa zona inesplorata Inconscio Collettivo. In questa  zona del nostro complesso mondo psichico sono “scritte” le esperienze che  l’essere umano, inteso come specie, ha compiuto fin dalla notte dei tempi. Tali  Esperienze Fondamentali dell’Umanità sono, in questa concezione junghiana,  strutturate nella psiche per diritto di specie, vale a dire che sono tipiche  dell’essere umano e di nessun altro nel creato. Al pari dei processi  filogenetici che hanno determinato l’evolversi della specie umana fino a  giungere all’ Homo Sapiens, nell’Inconscio Collettivo sarebbero  rappresentate le tappe del progresso psichico fino all’odierna complessità.

Sappiamo dallo studio dei sogni e dall’analisi  degli stati di trance che la mente umana “funziona” per immagini e  simboli, i “ragionamenti” vengono dopo, nel cervello evoluto, la corteccia,  dunque per Jung lo studio della psicologia del profondo doveva prendere le mosse  dall’osservazione dei simboli e delle immagini che l’essere umano ha creato  lungo la sua storia. Per questa ragione, lungo tutta la sua vita, Jung studiò  antichi trattati alchemici, la Mitologia classica e la storia delle Religioni,  viaggiò nei Continenti, sempre alla ricerca dei simboli di antichissime civiltà.

Ad esempio, alcune migliaia di anni or sono, ai quattro angoli  del mondo, popolazioni lontanissime e certo non in contatto fra loro,  tracciavano sulle rocce, sui monumenti funerari e sacri, sugli utensili, disegni  di forma quadrata e/o circolare (Mandala) di aspetto e contenuto  straordinariamente simile tra loro.

Il Simbolo della Croce è parecchio antecedente all’era  cristiana, e lo ritroviamo nella simbologia sacra di civiltà lontanissime tra  loro, che nulla potevano avere in comune, se non qualche elemento psichico  inconscio, appunto.

E che dire delle figure mitiche come l’Eroe, il Guerriero, la  Grande Madre, il Vecchio Saggio, il Fanciullo, il Demone, la Fata, che  ritroviamo nelle culture delle più antiche e disparate civiltà del Pianeta.  Questi miti sono patrimonio dell’Umanità, dei veri contenitori delle esperienze  profonde dell’essere Umano inteso come specie e dunque dalla sua comparsa su  questo mondo. La Mitologia Classica racconta infatti storie che ci sono  “familiari”, come la leggenda di Edipo, quella di Demetra, di Venere o di Enea,  che ritroviamo, pur con nomi e contesti diversi, nelle vicende tramandate di  antiche civiltà pellerossa, centroeuropee o asiatiche.

Straordinari sono gli studi di Jung sugli eventi sincronici  (premonizioni, veggenze e in generale tutti i fenomeni paranormali), che egli  considera un’altra dimostrazione dell’esistenza dell’Inconscio Collettivo. Le  categorie spazio-tempo sono artifici della mente, la Fisica delle nano  particelle ha infatti dimostrato che il prima e il dopo non sono valori  assoluti, ma relativi all’osservatore che, a sua volta, è soggetto a più  variabili. Senza meno l’Inconscio è slegato da queste categorie “mentali” e  allora accade che in particolari stati di abolizione della Coscienza (sogni,  stati crepuscolari, trance, ecc…) ci si possa trovare in un “qui ed ora” che non  ha inizio e fine, prima e dopo, al pari di un’immagine in un quadro e allora ci  si può parare davanti quello che chiamiamo “futuro”, ma che invero appartiene  alla dimensione senza spazio e senza tempo che tutto comprende e che rappresenta  l’Esperienza dell’Umanità, percepibile dall’Inconscio.

La conclusione cui giunge Jung è dunque che la psiche ha  compiuto un lungo percorso evolutivo comune a tutta la specie umana, al pari del  progresso della Specie dimostrato dalle scoperte evoluzionistiche di Darwin.  Jung avrebbe allora scoperto l’esistenza di una “filogenesi psichica”, comune a  tutti gli esseri umani. Esattamente come avviene per il corpo, anche la psiche  tiene traccia del percorso compiuto e Jung chiamò questa “traccia” Inconscio  Collettivo.

– IL CAMBIO DELLA WELTANSCHAUUNG COME  SOLUZIONE AL DISAGIO GIOVANILE

Il termine tedesco Weltanschauung, del quale di qui in avanti  dobbiamo fare uso per le ragioni che vedremo appresso, non è letteralmente  traducibile in lingua italiana poiché non esiste nel nostro vocabolario una  parola che le corrisponda appieno. Essa esprime un concetto di pura astrazione  che può essere restrittivamente tradotto con “visione del mondo” e può essere  riferito ad una persona, ad una famiglia, un gruppo o ad un popolo.

La “Weltanschauung” tende a trovare una collocazione in un  ordine generale dell’Universo comprensivo di elementi di specie, geografici,  linguistici e razziali; si tratta dunque di un concetto che trascende il singolo  e attinge al collettivo condiviso, e l’uso di questo termine nel linguaggio  italiano al posto di “visione del mondo” ha il significato di estendere il  concetto ad una dimensione sovra personale di un determinato punto di vista.

Nei suoi numerosi scritti, Jung ha fatto molto uso di questo  termine per descrivere la profonda trasformazione della Società e dei singoli  individui allorché cambia la Weltanschauung e come, al contrario, senza un  cambiamento della Weltanschauung diventi spesso impossibile ottenere una reale  soluzione alla personale sofferenza psicologica o al disagio di un popolo, con  ciò significando che spesso è salvifico riunirsi a quella parte che ha radici  collettive di appartenenza, di specie, di razza, geografiche e di religione ed  al contempo prendere le distanze dall’ego ristretto di un individuo (o dagli  stereotipi di una Società).

I giovani di questa nostra epoca hanno visto sgretolarsi, dopo  i fascismi ed i comunismi, anche i capitalismi, i partiti politici portatori di  ideali, la famiglia come nucleo solido e protettivo, il lavoro come artefice di  benessere e dispensatore di dignità e motivazioni.

Rendiamoci conto che i giovani si ritrovano fra le  mani null’altro che i cocci del nostro piccolo mondo antico. E cosa  dovrebbero allora fare i giovani? Costruire un progetto con quei cocci che a  malapena sostengono noi? Certamente no. Loro stanno infatti cambiando la  Weltanschauung, sono costretti a questo da un ineluttabile destino di crescita  che appartiene alla Specie e che certo non può arrestarsi per crisi contingenti.  E’ già accaduto nel primo e nel secondo dopoguerra e prima ancora al tempo della  Rivoluzione Industriale.

Jung ci ha insegnato che la Weltanschauung, indipendentemente  dall’accezione qualitativa, è il motore del benessere psicologico e che in  condizioni di sofferenza la Weltanschauung deve giocoforza cambiare, non si può  insomma impunemente stare in una condizione di “assenza di progetto” o di  progetto raccogliticcio, poiché, in termini psicologici profondi, questa  condizione porta spesso alla sofferenza individuale e sempre alla fragilità, al  plagio e apre la strada alle malìe dei falsi profeti e dei ciarlatani.

Per certi versi e per le ragioni fin qui esposte, la condizione  dei giovani della nostra epoca appare assolutamente non invidiabile, ma ci sono  aspetti che, come vedremo più avanti e in conclusione, possono ribaltare la  scena.

– CONCLUSIONI

In che modo l’insegnamento del grande psicologo svizzero può  aiutarci ad aiutare i giovani?

Tra di noi ci sono Insegnanti, intellettuali e  Professionisti d’Aiuto, religiosi e laici, inutile dire che tutti siamo chiamati  ad impedire che interessi di parte cavalchino il disagio giovanile. E forse  questo è tutto quanto sia possibile fare. Intendo dire che secondo il punto di  vista espresso qui oggi, il progetto evolutivo delle coscienze ‘cammina’ da  solo. Gli educatori laici accompagneranno i giovani nei territori del sovra  personale, poiché, per dirla con Jung, è là che incontriamo il Sé, vale a  dire la regione più grande ed inespressa di noi. Il sovra personale è cosa ben  diversa dal soprannaturale, che lasceremo ai  confessionalisti.

Dal punto di vista della Conoscenza appare più  opportuno ritenere che non ci possa essere nulla di realmente piccolo che ci  riguardi, tenteremo infatti di far comprendere ai giovani che siamo parte di un  grande progetto di Specie, quella Umana, che è portatore di quel destino  ineluttabile di crescita cui abbiamo accennato poco fa.

Le esperienze fondamentali dell’Umanità sono tutte dentro di  noi e con esse anche le soluzioni ai problemi. A questo proposito giova  ricordare a noi stessi ed ai giovani che ci sono problemi che per loro natura  non possono essere risolti, ma solamente superati, grazie a passi evolutivi  della Coscienza, fino al passetto fondamentale che consente la visione di un  orizzonte più ampio, oltre il muro.

L’ Inconscio Collettivo ha contenuti di infinita  saggezza perchè sono il ‘distillato’ delle esperienze fondamentali dell’umanità.  Ci sono scienziati che hanno dimostrato che ognuno di noi è portatore di una  summa filogenetica, un lungo cammino fatto, e dunque nessuno è tanto  piccolo da ‘meritare’ l’incoscienza, di rimanere cioè tagliato fuori dal  progetto.

La mia opinione è che la  Weltanschauung* che davvero  farà fare un passo in avanti alle nuove generazioni e all’Umanità in generale,  passa per l’abbraccio fra l’infinitamente intimo e l’infinitamente condiviso,  fra gli opposti che tutto comprendono e che sono già un intero nella nostra  natura. Se i giovani faranno un passo verso questa ‘visione del mondo’, e  sono certo che lo stanno facendo,  spingeranno il piccolo mondo antico della nostra generazione fino al Medio Evo e sarà davvero l’inizio del Terzo  Millennio.

Se ascoltiamo attentamente come ci raccontano il  mondo i più avanzati fra i giovani di oggi, c’è da stupirsi. Solo pochi secoli  fa certe intuizioni erano appannaggio esclusivo di Santi e Profeti. Oggi se ne  parla all’uscita di un cinema o davanti ad un boccale di birra. E’ la nuova  Weltanschauung che si affaccia. Il cammino filogenetico dell’essere umano non  riguarda solo l’aver assunto la stazione eretta ed essere divenuto Homo  Sapiens, ma l’aver continuamente cambiato la  Weltanschauung.

Da questo punto di vista si intravede un altro modo di aiutare  i nostri giovani: riconoscendo loro questo ruolo fondamentale e lasciando loro  la scelta di cosa “mettere in valigia” dei nostri cocci e soprattutto smettendo  di giudicare con metri di misura che sono oramai inservibili in quanto spesso  addirittura incomprensibili. Grazie per l’attenzione.

Bibliografia: Carl Gustav Jung –  Opere (Boringheri 1983 vol. 1 – 19)

Carl Gustav Jung – Ricordi, Sogni,  Riflessioni  (BUR 1981)

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